Si sbloccano la cessione del credito e lo sconto in fattura deciso con delibera condominiale: con un meccanismo apparentemente un po’ machiavellico, i condòmini dissenzienti, che vorrebbero detrarre la loro quota al 110% (guadagnando quindi l’1% all’anno sulla somma investita e pagata direttamente al condominio) potrebbero invece essere estromessi dall’operazione.
L’importante novità è contenuta negli emendamenti votati domenica dalla commissione Bilancio della Camera e che, con ogni probabilità, entreranno a far parte del testo della legge di Bilancio 2021.
La norma vigente
La possibilità che una delibera condominiale (con maggioranza dei presenti all’assemblea che rappresentino almeno un terzo dei millesimi) decida la cessione di tutto il credito d’imposta del 110% (o il corrispondente sconto in fattura) è attualmente prevista dal Dl 104/2020. La formulazione, però, ha subito creato un vespaio nel mondo condominiale perché sembra privare del loro diritto i condòmini che vogliono invece operare individualmente la detrazione quinquennale della loro quota di spesa. Per banche e imprese, però, concordare il finanziamento e l’acquisto del credito solo in parte è svantaggioso, oltre che complesso da gestire, ed ecco il perché di quella norma del Dl 104.
Risultato: impasse totale perché gli amministratori temono l’impugnazione delle delibere da parte di chi invoca il diritto assoluto di disporre dei propri crediti fiscali che, ricordiamolo, sono comunque individuali e mai condominiali. Con il risultato di mandare a monte tutta l’operazione del 110 per cento.
Le modifiche
L’intervento della commissione Bilancio, che ha considerato il problema, posto anche dal Sole 24 Ore, ha creato un nuovo meccanismo: con le stesse maggioranze della delibera che approva i lavori e dispone la cessione del credito o lo sconto in fattura, è anche possibile accollare tutte le spese a uno o ad alcuni condòmini, purché questi ultimi esprimano «parere favorevole».
Quindi, se un’assemblea decide di accollare le spese ai soli condòmini che vogliono cedere il credito d’imposta (o ad alcuni di essi), gli altri verranno provati della base sui cui pretendere la detrazione, perché, non avendo spese da pagare, non hanno nulla da detrarre.
Certo, i condòmini che si accollano tutta la spesa si assumono anche la responsabilità che tutto fili liscio, perché le contestazioni delle Entrate farebbero comunque capo a loro. Tuttavia, risolverebbero così l’eventuale impasse con banche e imprese e, soprattutto, eviterebbero il contenzioso con i condòmini contrari alla cessione del credito.
Resta da capire un aspetto importante, e cioè (come ha subito detto il presidente dell’Anaci Francesco Burrelli) se questa norma, che da una parte risolve i principali problemi civilistici, non apra un fronte di illegittimità costituzionale per quello che di fatto è uno “scippo” del credito fiscale.