La vicenda sottesa alle modalità di determinazione della percentuale di superficie destinata ad uso abitativo ai fini della corretta fruizione dei bonus fiscali da parte dei conòmini di edifici plurifamiliari evidenzia plasticamente il caos normativo nel quale si trovano ad operare - oramai da anni - i professionisti, le imprese ed i committenti degli interventi edilizi agevolati presupposti. Di seguito un riepilogo delle posizioni assunte dalla prassi sull'argomento.
Con la circolare 24/E/2020 è stato chiarito che, in caso di interventi realizzati sulle parti comuni di un edificio, occorre utilizzare un principio di “prevalenza” della funzione residenziale rispetto all’intero edificio. Quindi, qualora la superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza ricomprese nell’edificio sia superiore al 50%, è possibile ammettere al superbonus anche il proprietario e il detentore di unità immobiliari non residenziali che sostengono spese, in qualità di condòmini (ad esempio, il professionista che nel condominio ha lo studio oppure l’imprenditore che nel condominio ha l’ufficio o il negozio; tali soggetti, tuttavia, non potranno fruire del superbonus per interventi trainati realizzati sui propri immobili). Qualora, invece, la superficie complessiva delle unità immobiliari destinate residenziale sia inferiore al 50%, il superbonus riferito alle spese per interventi realizzati sulle parti comuni spetta solo ai possessori o detentori di unità immobiliari destinate ad abitazione comprese nel medesimo edificio, che potranno, peraltro, fruire del superbonus anche per interventi trainati realizzati sui propri immobili, sempreché questi ultimi non rientrino tra le categorie catastali escluse (A/1, A/8 e A/9).
Con la circolare 30/E/2020 è stato poi aggiunto che «ai fini del calcolo della superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza vanno conteggiate tutte le unità immobiliari residenziali facenti parte dell’edificio comprese quelle rientranti nelle predette categorie catastali escluse dal superbonus.
E' stato successivamente osservato in dottrina che le Entrate hanno sempre fatto riferimento alle «unità immobiliari destinate a residenza» e che quindi, al fine di superare la fatidica soglia del 50% che estende i benefici a tutti i condòmini, si sarebbe dovuto tener conto della sola superficie delle unità destinate ad abitazione, e non anche di quella delle pertinenze come box, garage, posti auto e cantine.
Sul punto era però intervenuta la Direzione Regionale della Lombardia, con la risposta a interpello 904-2305/2021, giungendo a conclusioni opposte («nella valutazione della percentuale di residenzialità, le pertinenze seguono la natura dell’immobile a cui sono asservite: nel caso di pertinenze di immobili residenziali, pertanto, le stesse assumeranno valenza di superficie residenziale»).
Tale tesi, avallata da molti, risulta ora superata dalla risposta all'interpello n. 5/2022 fornita della Direzione Centrale dell’Agenzia delle Entrate. Quest'ultima ha affermato difatti che, "ai fini della verifica della natura residenziale dell’edificio, non va conteggiata la superficie catastale delle pertinenze delle unità immobiliari di cui si compone l'edificio. Pertanto, ad esempio, nel caso di un box o di una cantina pertinenziale di una abitazione ovvero nel caso di un magazzino pertinenziale di una unità immobiliare a destinazione commerciale, la superficie catastale di tali pertinenze non va considerata.