In ambito successorio, il costo fiscale delle partecipazioni acquisite dagli eredi è pari al valore definito o, in mancanza, al valore dichiarato ai fini dell’imposta di successione. L’articolo 16 del Dlgs 346/90 prevede che il valore delle partecipazioni non quotate comprese nell’attivo ereditario sia pari al valore della corrispondente quota di patrimonio netto della società alla data di apertura della successione, in base all’ultimo bilancio.
Come confermato anche dalla circolare 58/E/2003, per patrimonio netto della società si intende il valore contabile e non il valore economico effettivo. Se il costo fiscale della partecipazione del de cuius è più elevato rispetto alla corrispondente quota di patrimonio netto contabile, può dunque accadere di “perdere” una parte del costo nel trasferimento della partecipazione per successione all’erede. Effetto che non si verifica in caso di trasferimento della stessa partecipazione (ad esempio, da padre a figlio) per donazione: il costo del donante viene infatti acquisito dal donatario.
Il vantaggio di mantenere il costo fiscale invariato in capo al beneficiario del trasferimento andrebbe quindi attentamente valutato. Ad esempio, accade spesso che si trasferisca per donazione ai propri figli la nuda proprietà delle partecipazioni possedute nelle società di famiglia, mantenendo l’usufrutto per il capostipite. Da un lato si sconta l’imposta di donazione su un valore più contenuto (nuda proprietà), ma dall’altro una parte dell’originario costo fiscale viene perso al decesso
dell’usufruttuario: da ciò consegue il possibile realizzo di redditi significativi da parte dei figli, per le cessioni delle partecipazioni dopo la morte dell’usufruttuario stesso.
Infatti, per effetto della donazione, viene acquisito dai figli il costo fiscalmente riconosciuto della nuda proprietà (pari al costo della partecipazione posseduta dal padre ridotto del valore dell’usufrutto alla data di donazione); mentre il costo fiscale
dell’usufrutto (al consolidamento con la nuda proprietà, a causa del decesso del padre) non incrementerà il costo fiscale della partecipazione in capo ai figli (circolari 6/E/2006 e 12/E/2010).
Ipotizzando che un padre sessantenne possieda una partecipazione con un costo fiscale di 100 e trasferisca la nuda proprietà al figlio riservandosi l’usufrutto vitalizio, sulla base dei coefficienti in vigore allegati al Dpr 131/86, il valore dell’usufrutto sarà pari al 60% del valore complessivo. E al consolidamento dell’usufrutto con la nuda proprietà (in carico al figlio a un costo di 40), il costo fiscale dell’usufrutto (pari a 60) andrà perso.