I giudici tributari tornano ad occuparsi della permanenza in vita dell’istituto del coacervo nel tributo successorio. La Commissione tributaria provinciale di Firenze  ha qualificato difatti come irrilevanti, ai fini della franchigia di esenzione dell’imposta sulle successioni, le donazioni in vita del defunto. È questo il principio espresso con la sentenza 157/2/2022, nel solco già tracciato dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, che ha ritenuto del tutto abrogato il cumulo del valore attualizzato delle donazioni in vita con la massa ereditaria.

Il caso esaminato prende le mosse dall’emissione di un avviso di liquidazione che, ai fini della quantificazione dell’imposta di successione, aveva rideterminato l’entità della franchigia spettante all’erede tenendo invece conto delle donazioni effettuate in suo favore dal defunto. La contribuente ha impugnato l’atto impositivo, eccependo l’illegittimità del maggior prelievo fiscale, posto che il coacervo tra relictum e donatum doveva ritenersi implicitamente abrogato.

La Ctp,  richiamando i principi espressi dalla Cassazione con le sentenze 2273/2020 e 10255/2020, ha accolto le doglianze della ricorrente, escludendo l’applicazione dell’istituto del cumulo delle donazioni pregresse ai fini della determinazione dell’imposta di successione.

I giudici di legittimità avevano inaugurato il proprio orientamento già con le sentenze 24940 e 26050 del 2016, con le quali avevano ritenuto tacitamente abrogato l’articolo 8, comma 4, per effetto della soppressione della progressività dell’imposta di successione e donazione. Il richiamato orientamento ed i recenti provvedimenti dei giudici di merito dovrebbero condurre all’abbandono dei contenziosi da parte dell’Agenzia, posto che, come già ampiamente evidenziato, la giurisprudenza è granitica nell’affermare che vi sono due distinte franchigie, una riferita all’imposta di donazione e l’altra all’imposta di successione, del tutto indipendenti tra di loro.