Per stabilire l’entità della quota di legittima si deve far riferimento al valore, alla data di apertura della successione, dei beni ereditari e dei beni donati dal de cuius durante la sua vita; invece, per stabilire le assegnazioni da effettuare in sede di divisione ereditaria, si deve far riferimento al valore che i beni oggetto di comunione hanno nel momento in cui si effettua la divisione. È quanto stabilito dalla Cassazione nella sentenza 31125 dell’8 novembre 2023, in riforma di una sentenza della Corte d’appello di Palermo che invece aveva indicato nella data di apertura della successione il momento nel quale si devono effettuare sia i calcoli occorrenti per stabilire il valore della legittima sia il valore dei beni oggetto di divisione ereditaria.
La sentenza del giudice di legittimità è dunque importante per tutti i casi in cui la data della divisione è lontana dalla data di apertura della successione, ciò che accade, in particolare, quando la divisione sia preceduta da un lungo iter processuale per accertare l’eventuale lesione della quota di legittima: in particolare, quello che ha avuto esito nella sentenza 31125/2023 è iniziato nel 1985 e supererà senz’altro i 40 anni di durata, dato che la Cassazione ha ora rinviato il contenzioso in Corte d’Appello.
La legittima è la porzione del patrimonio del de cuius riservata a suoi stretti familiari, detti legittimari: sono il coniuge (o la persona partecipe di una unione civile con il defunto), i discendenti e, in mancanza di questi ultimi, gli ascendenti del de cuius. La legittima si calcola su una sommatoria i cui addendi sono i beni donati (direttamente o indirettamente) dal de cuius durante la sua vita e i beni di cui il de cuius stesso era titolare al momento della morte.
Se uno dei legittimari non percepisce quanto gli è dovuto, il giudice provvede ad attribuirgli quanto gli spetta o assegnando al legittimario attore un bene specifico esistente nel patrimonio ereditario o disponendo che il legittimario divenga partecipe della comunione ereditaria per una quota di comproprietà di valore pari al valore della legittima che gli è dovuta. Tutti questi calcoli si effettuano considerando il valore, alla data di apertura della successione, dei beni donati e dei beni di cui il defunto era titolare al momento della morte.
Se però poi si deve passare alla divisione della comunione ereditaria, il criterio della valorizzazione alla data di apertura della successione cede il passo al criterio della stima al momento della divisione e quindi si deve tener conto dei deprezzamenti e delle rivalutazioni che si sono determinati nel più o meno lungo periodo che separa la morte del de cuius dalla divisione del suo patrimonio tra gli eredi.