Nelle ipotesi di donazione indiretta di immobili, il contribuente, al fine di avvalersi dell’esclusione dall’imposta di donazione prevista dall’articolo 1, comma 4-bis, del Dlgs 346/1990, non è tenuto ad indicare espressamente nell’atto di compravendita che la donazione di denaro a titolo di liberalità da parte di terzi è stata vincolata all’acquisto dell’immobile. Così l’ordinanza 17424/2023 della Cassazione.
Nel caso esaminato dagli Ermellini, al contribuente era stata donata una somma di denaro utilizzata per la successiva compravendita di un immobile, atto quest’ultimo portato a registrazione. L’agenzia delle Entrate, soccombente nei primi due gradi di giudizio, aveva proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Ctr Lombardia, lamentandosi del fatto che il giudice aveva riconosciuto al contribuente l’esenzione dal pagamento dell’imposta sulle donazioni in assenza di prove che la donazione di denaro fosse stata vincolata all’acquisto di un immobile. L’omissione principale lamentata dall’Agenzia era appunto la mancata enunciazione della donazione nell’atto di compravendita.
Con l’ordinanza in questione, la Cassazione, sovvertendo un precedente orientamento (sentenza 13133/2016), respinge il ricorso proposto dall’agenzia delle Entrate e ricorda che la ratio del comma 4 bis dell’articolo 1 del Tus è quella di evitare una duplicazione del prelievo fiscale su di una fattispecie imponibile che, seppur composta da due negozi (donazione indiretta e compravendita immobiliare), è manifestazione di un’unica capacità contributiva. Si tratta quindi di una norma di esclusione dall’imposta di donazione e non di esenzione. A tal proposito giova ricordare che costituiscono donazioni cosiddette indirette quelle donazioni poste in essere attraverso un diverso negozio oneroso che producono, oltre all’effetto tipico, anche quello della liberalità.
Secondo i giudici, il legislatore ha inteso circoscrivere l’ambito di applicazione dell’imposta di donazione e non derogare alla regola generale. Pertanto, l’esclusione prevista si applica ogni qualvolta vi sia un obbiettivo collegamento tra la liberalità ed il trasferimento di diritti immobiliari assoggettabile ad imposta proporzionale di registro o a Iva; e tale collegamento ben può desumersi da elementi oggettivi quali gli atti notarili e i bonifici bancari, non essendo richiesto alcun comportamento attivo da parte del contribuente, ma essendo sufficiente ogni elemento che corrobori la funzionalità dell’atto liberale all’acquisto dell’immobile.
Dal punto di vista pratico, assegnare la natura di norma di esclusione e non di esenzione alla disposizione del comma 4-bis, significa rendere non più necessario l’intervento «attivo» del contribuente: quest’ultimo, di conseguenza, non può essere onerato dell’obbligo di fare espressa dichiarazione della liberalità nell’atto di compravendita, dichiarazione che sarebbe invece obbligatoria qualora si dovesse scegliere un regime impositivo più favorevole rispetto a quello ordinario, come avviene, in generale, per le ipotesi di esenzione o di agevolazione d’imposta (Cassazione 2777/2016).
In conclusione, per usufruire dell’esclusione dall’imposta di donazione, è necessario che vi sia un collegamento tra la liberalità ed il trasferimento del diritto immobiliare (o dell’azienda) assoggettabile ad imposta proporzionale di registro o a Iva, e che di tale collegamento il contribuente sia in grado di darne prova. Nella fattispecie oggetto della controversia, il contribuente aveva dimostrato con «ricevute di pagamento e dati notarili per gli acquisti degli immobili» di avere utilizzato la somma ricevuta in donazione per la compravendita immobiliare. E tanto è bastato ai Giudici di legittimità per ritenere infondata la pretesa erariale.